ABSTRACT: L’assicurazione sulla vita del discendente costituisce una donazione indiretta del de cuius e, anche se stipulata in favore degli eredi del discendente, comporta per l’assicurato l’obbligo di collazione.
L’assicurazione sulla vita nell’ordinamento italiano: le polizze vita ‘tradizionali’ e quelle a contenuto ‘finanziario’
L’assicurazione sulla vita è un contratto con il quale l’assicuratore, a fronte del pagamento di una determinata somma di denaro (il ‘premio’) si obbliga a pagare un capitale o una rendita in favore del beneficiario, al verificarsi di un evento connesso alla vita umana (per esempio, la morte di una determinata persona).
La polizza vita può assumere molteplici forme e combinazioni per meglio adattarsi agli obiettivi ed alle esigenze del contraente.
Tradizionalmente, lo scopo dell’assicurazione sulla vita è di tipo ‘previdenziale’, poiché attraverso la sua stipulazione si mira a garantire ai beneficiari la disponibilità di una somma di denaro, già predeterminata nell’importo, al verificarsi di un determinato evento. In tal caso, il rischio di perdita del capitale assicurato è sostanzialmente nullo.
Le polizze vita a contenuto ‘finanziario’ consentono di unire alla finalità prettamente ‘previdenziale’ una finalità di ‘investimento’ in relazione ai premi pagati all’assicurazione. Con la conclusione di una polizza vita ‘finanziaria’, il contraente effettua un vero e proprio investimento ed attribuisce all’assicurazione un mandato di gestione del capitale investito.
A differenza delle polizze ‘tradizionali’, le polizze a contenuto ‘finanziario’ sono quindi connotate da un elevato rischio di tipo finanziario, che dipende dall’andamento dei titoli, dei mercati o dei fondi in cui i premi sono investiti (proprio come in un qualsiasi ‘tradizionale’ investimento).
L’assicurazione ‘per il caso di vita’ e l’assicurazione ‘per il caso di morte’
Nel complesso e variegato panorama delle polizze vita, un’altra fondamentale distinzione è quella tra assicurazione ‘per il caso di vita’ e assicurazione ‘per il caso di morte’.
Nelle polizze ‘per il caso di vita’, l’assicuratore si impegna a pagare un capitale o una rendita se in un determinato momento una data persona è ancora in vita.
Nelle polizze ‘per il caso di morte’, l’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo assicurativo ricorre solo se, in un determinato momento, si verifica la morte dell’assicurato.
L’assicurazione può essere stipulata dal contraente non solo sulla propria vita, ma anche sulla vita di un terzo. Per ‘il caso di morte di un terzo’, la legge richiede il consenso (da provarsi per iscritto) del terzo assicurato, allo scopo di evitare che attraverso tali forme di assicurazione si incentivi la commissione di omicidi per lucrare l’indennizzo assicurativo.
La polizza può essere anche stipulata in una forma ‘mista’, e cioè tanto ‘per il caso di vita’ quanto ‘per il caso di morte’. Con tale forma di assicurazione, si garantisce il pagamento all’assicurato o ai beneficiari sia in caso di sopravvivenza che in caso di morte dell’assicurato nel corso del contratto.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 29583 del 2021
Nella sentenza n. 29583 del 22 ottobre 2021, la Corte di Cassazione ha affrontato una complessa vicenda successoria in tema di ‘polizze vita’ e ‘obbligo di collazione’.
Il caso sottoposto all’esame della Corte riguardava una polizza vita ‘mista’ stipulata dal de cuius sulla vita del figlio ed avente un contenuto ‘finanziario’ (oltre che previdenziale).
Mentre per il caso di vita (del figlio) il contraente aveva riservato per sé il beneficio, per il caso di morte (del figlio) erano stati designati quali beneficiari gli eredi dell’assicurato (e cioè gli eredi del figlio del de cuius).
La polizza prevedeva inoltre che in caso di pre-morte del contraente, il figlio-assicurato sarebbe subentrato nella posizione di contraente (con l’obbligo di pagare i premi).
La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi circa l’applicabilità al caso di specie dell’articolo 741 del Codice Civile, che prevede l’obbligo di conferire in collazione “ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti (…) per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore”.
Più in generale, ai sensi dell’articolo 737 del Codice Civile, quanto ricevuto a titolo di ‘donazione diretta o indiretta’ del de cuius deve essere conferito dagli eredi (figli, discendenti e coniugi) all’eredità del defunto per formare la ‘massa ereditaria’.
Nel caso di specie, la polizza vita non era stata stipulata dal defunto a favore dei suoi discendenti (come prevede l’articolo 741 del Codice Civile) bensì a favore degli eredi del suo discendente. Da ciò, sorgeva quindi la questione controversa rimessa all’esame della Corte di Cassazione.
L’obbligo di collazione nel caso di assicurazione sulla vita del discendente
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile in capo al figlio-erede-assicurato l’obbligo di collazione.
Secondo la Corte, la polizza stipulata dal de cuius costituisce una forma di ‘donazione indiretta’ in favore del figlio-assicurato, e cioè un beneficio che si traduce nella possibilità di garantire l’indennizzo assicurativo ai propri familiari-eredi.
Nello specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il pagamento dei premi effettuato in vita dal de cuius costituiva il mezzo attraverso il quale il defunto aveva realizzato una liberalità ‘atipica e indiretta’ in favore del figlio-assicurato.
Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che il discendente-assicurato avesse l’obbligo di conferire in collazione l’ammontare dei premi pagati dal defunto, salvo “procedere a un nuovo conteggio qualora l’indennità si rilevi in seguito inferiore”. Ciò in quanto l’obbligo di collazione riguarda solo il vantaggio effettivamente conseguito dal discendente, e cioè la minor somma tra l’ammontare dei premi pagati ed il capitale.
Conclusioni
Secondo la Corte di Cassazione, le polizze vita a contenuto ‘finanziario’, anche se stipulate in favore di terzi e ad alto rischio finanziario, rappresentano una forma di ‘donazione indiretta’ del de cuius a favore del suo discendente.
Tale conclusione della Corte conduce ad una necessaria riflessione circa l’utilizzo delle polizze vita quale strumento di pianificazione successoria e di gestione del patrimonio del de cuius. In particolare, si impone di tenere conto di una serie di rilevanti conseguenze pratiche che potrebbero derivare dalla stipulazione di tali polizze, sia sotto il profilo fiscale che sotto il profilo successorio. Tra queste, prima tra tutte, l’obbligo per il discendente-assicurato di conferire in collazione i premi pagati in vita dal defunto.